IL MERCATINO DI ANTIGNANO A NAPOLI

Ho sempre amato il mercato. Da piccolo mia madre di norma andava a fare la spesa al mercatino di Antignano, vicino Piazza degli Artisti al Vomero, e per raggiungerlo ci voleva un quarto d’ora a piedi. All’angolo di via Luca Giordano c’era la “donna che vendeva le banane”, mia madre ne comprava un po’ e due venivano subito sbucciate per essere consumate una da me e l’altra da mia sorella. Da quel punto cominciavano i banchi della frutta e della verdura che si sviluppava nei vicoletti e nelle stradine tutte intorno. C’era sempre tanta gente al mercatino di Antignano e comunque alla fine le persone si conoscevano tutte. “Signò non v’aggio chiù vista!” (trad. Signora non vi ho più vista!) Mia madre che non è mai stata una gran chiacchierona liquidava tutti con due parole anche perché c’era da fare la spesa e non aveva tempo da perdere, e poi bisognava tornare presto a casa perché doveva ancora “mettere a cucinare”.


Il vociare continuo della gente insieme alle risate squillanti componevano una grande armonia. Le grida dei venditori erano per me qualcosa di veramente affascinante. Si richiamavano e rispondevano fra di loro in un dialogo senza fine, includendo a volte anche apprezzamenti estemporanei per le belle signore e modulando la voce come fossero canzoni. Ho sempre pensato che quello della voce fosse proprio un requisito indispensabile per essere un buon venditore, lo si capiva subito perché i più bravi avevano sempre più clienti.


Praticamente mia madre li conosceva tutti, le donne e gli uomini del mercato, e con tutti scambiava informazioni. “A quanto fanno ‘e melanzane? E perché sono accussì care? Ieri erano a meno!” “Sì signò, ma oggi sono speciali!”. Le melanzane si sarebbero trasformate in una profumatissima “parmigiana” e quindi ci volevano i pomodori ma per quelli c’era un banco fidato, si compravano solo i pomodori e il vecchietto poi aggiungeva un mazzo enorme di basilico per la gioia di mia madre.


Tutto intorno era un richiamo continuo di profumi e di colori, qualcosa di inebriante e mia madre si fermava con puntigliosità a tutti i banchi, come un’ape che vola da un fiore all’altro, analizzava i requisiti di tutte le merci, confrontava i prezzi e la qualità degli ortaggi tra una cassetta e l’altra dei vari banchi e iniziava delle discussioni interminabili per il prezzo con i venditori e poi, decisa, acquistava un prodotto. Era una scelta sicura, senza alcun dubbio. Sicuramente si trattava del prodotto migliore ma non perché il venditore l’avesse convinta anzi “quello era meglio se si stava zitto”. Il ritorno a casa era sempre più difficoltoso, mia madre portava le borse pesanti carica di spesa e spesso toccava anche a me dare una mano e portare qualcosa, un cartoccio di albicocche che non aveva trovato posto nelle borse e che dovevo portare in braccio con tutte le cautele perché altrimenti “si schiaccia tutto”. Quel compito era una grande responsabilità e perciò dovevo stare molto attento a non inciampare. Il profumo della frutta mi accompagnava per tutto il tragitto e lo trovavo dolcissimo: da quei tempi non l’ho mai più sentito.