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La ricerca compositiva sul motivo di paesaggio collinare nella creazione pittorica di Paolo Viola si definisce nel 2013 con contenute vedute prospettiche di filari, a corollario di cappelle devozionali e figure. Con il volgere degli anni 2016-2017, l’osservazione del reale si sofferma sull’atavica terra del Monferrato, sulla linfa silente dei vitigni. L’essenza fisica ed atmosferica della natura assume la variabilità percettiva dello stato d’animo, dell’emozione fuggevole, pur intensa e coinvolgente che conduce lo sguardo e la tavolozza di Viola a deporre sul supporto le stille dell’avvicendarsi delle ore, nello stemperarsi delle luci e l’aggrumarsi delle ombre. Lo stesso spazio pittorico si dilata, al di là dei supporti, orditi come polittici trilobati, a richiedere nuove connotazioni.

Le sequenze pittoriche, tra accensioni timbriche e soffocate brume, accompagnano il visitatore lungo il suggestivo itinerario del Museo Diocesano San Giovanni in un interiore cammino di scoperta e rivelazione, in cui simbolici impasti porpora e ocra si intrecciano, tra mistica leggenda e mito, all’ancestrale fatica dell’umanità peregrina. Non ci si stupirà dunque se, sul groviglio brullo di spenti arbusti (Vigneto con la neve, 2017) il raggio di sole enfierà i pampini ed infiammerà il fogliame ( Vigneto giallo, 2016; Vigneto con le rose, 2017): il prodigio della natura svelerà il suo immutabile ciclo di nascita, maturazione e morte. Il vento sfiorerà Erba foglie e nuvole (2017), per acquietarsi al crepuscolo sulle lunghe ombre filamentose (Vigneto al crepuscolo, 2017) e lasciare trasparire le parvenze dell’oblìo notturno (Il vigneto nel mio sogno di stanotte, 2017). La vicenda pittorica suggerisce un processo lento, scandito da soste e conquiste (Filare, 2016; Vigneto blu, 2017; Vigneto sopito, 2017): l’avventura della conoscenza e della ricerca delle radici, attraverso materie pregne e sapide.

Paolo Viola accompagna la professione di medico con sensibilità partecipe alla condizione esistenziale, alle sue relazioni con l’ambiente naturale, valori universali da sempre custoditi durante la formazione artistica e musicale. La tradizione figurativa dell’area partenopea, legata alla rappresentazione del vero di fine Ottocento e ricca di motivi naturalistici affiora nei soggetti di figura, nei ritratti, negli scorci urbani, raccolti nello studio. Nell’ultimo biennio pittorico, dedicato alla tematica paesaggistica, tra i declivi di Langa e Monferrato, prestigioso patrimonio ambientale ed umano, pare inseguire interrogativi perenni, reminiscenze letterarie tuttora attuali.

Non ti sei chiesto perché un attimo, simile a tanti del passato, debba farti d’un tratto felice, felice come un dio? Tu guardavi l’ulivo, l’ulivo sul viottolo che hai percorso ogni giorno per anni, e viene il giorno che il fastidio ti lascia, e tu carezzi il vecchio tronco con lo sguardo, quasi fosse un amico ritrovato e ti dicesse  proprio la sola parola che il tuo cuore attendeva. Altre volte è l’occhiata di un passante qualunque. Altre volte la pioggia che insiste da giorni. O lo strido strepitoso di un uccello. O una nube che diresti di aver già veduto. Per un attimo il tempo si ferma, e la cosa banale te la senti  nel cuore come se il prima e il dopo non esistessero più. Non ti sei chiesto il suo perché? –  così Mnemòsine ad Esiodo ( Le Muse in C. Pavese, Dialoghi con Leucò, Giulio Einaudi Editore,  “Nuovi Coralli”, III edizione, Torino 1979, p. 165).  Il significato dell’esistenza, il fluire del tempo, la ricerca della verità, attraverso esperienza e memoria, offrono nuove riflessioni alla contemporaneità.

Asti, 1° marzo 2018                                                                                            Marida Faussone

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